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  L'ACCADEMIA DEGLI OZIOSI                                                                3 MAGGIO 1611

L’Accademia degli Oziosi, fondata il 3 maggio 1611 dal Marchese di Villa Giovan Battista Manso con il sostegno di Don Pedro Fernandez de Castro, VII Conte di Lemos e Viceré di Napoli dal 1610 al 1616 (a cui Cervantes dedicò l’ultima delle dodici novelas ejemplares, otto commedie e otto intermezzi, nonché la seconda parte del “Don Chisciotte”) fu centro di incontro fra intellettuali, letterati, artisti, matematici e scienziati italiani e spagnoli Dal 2011, quattro secoli dopo la sua fondazione, il Real Monte Manso congiuntamente all’Instituto Cervantes de Napoles, e con il sostegno negli anni della Soprintendenza Archivistica per la Campania, dell’Università di Girona nel dipartimento di Storia e Storia dell’Arte, dell’Università degli studi di Napoli “L’Orientale”, della Deputacion de Lugo, del Centro di Iniziative Didattiche Musicali “Naturalmentemusica” e del Royal Holloway University of London, hanno inteso celebrare quella che fu la più importante delle Accademie del Regno di Napoli con un convegno coordinato dalla Dott.ssa Manuela Sàez,  "Le celebrazioni del IV centenario della Fondazione dell'Accademia Napoletana degli Oziosi e del Vicerè VII Conte di Lemos sono eventi rilevanti nella vita culturale napoletana.  L'Accademia fu fondata nel 1611 sotto la presidenza di Giambattista Manso, Marchese di Villa e contando sull'appoggio de Pedro Fernández de Castro, VII conde de Lemos e vicerè di Nápoli (1610-1616). L'amore di Don Pedro per la letteratura motivò il suo interesse per incontri letterari, sostenendo l'idea del Manso di creare l'Accademia Napoletana degli Oziosi, con lo scopo di riunire gli intellettuali del tempo, italiani e spagnoli. Il Conte stesso andava alle riunioni quando gli impegni glielo consentivano. Lemos protesse uomini di lettere, sia in Spagna che a Napoli e con il Suo aiuto favorì lo sviluppo della letteratura. Nell'Accademia si affrontavano temi di letteratura, matematica, filosofia (non si parlava di teologia ne di politica). Quando non si discuteva di tali questioni, gli oziosi dedicavano le serate improvvisando commedie recitate in versi. A quel tempo si viveva nella città di Napoli, un clima di effervescenza culturale. La prima riunione si tenne nel chiostro di Santa Maria della Grazia (Ospedale degli Incurabili), il 3 maggio 1611.  Nel 1615 la sede fu spostata nel chiostro di San Domenico Maggiore, che prima era l'università. Tra i primi studiosi italiani inclusi, per citarne alcuni, oltre a Giambattista Manso, Francesco de Pietri, Giulio Cesare Capaccio, Giovanni Battista della Porta, Giambattista Basile. Tra gli spagnoli, ne fecero parte, oltre al viceré Lemos, i due fratelli Argensola, Bartolomeo e Lupercio Leonardo e suo figlio, Gabriel Leonardo di Albion, che svolse l'incarico di segretario del Conte Lemos alla morte di suo padre nel 1613, Garcia Barrionuevo; Juan de Tassis e Peralta, Conte di Villamediana e probabilmente Fra Diego de Arze, confessore del Conte e bibliofilo importante, Diego Duca di Estrada. Sembra che Mira de Amescua che accompagnò il Conte nel suo viaggio a Napoli non era tra gli accademici. L'Accademia si finanziava principalmente con fondi erogati dal Viceré, e al ritorno di questi in Spagna cominciò il suo declino, come sostiene il Prof. Coniglio nel suo libro "I Viceré Spagnoli di Napoli", e nel 1645 con la morte di Manso, il suo declino divenne inarrestabile. Con le celebrazioni che si svolgono in occasione del quarto centenario della "Accademia Napoletana degli Oziosi" si intende rivendicare l'importanza che questa Accademia ebbe, ed è interessante notare che quattro secoli dopo la sua fondazione, si tornano a riunire studiosi spagnoli e italiani per parlare di letteratura, musica, arte e storia"

Ritratto di Giovan Battista Marino

Manuela Saez Gonzalez

Venni ai colli latini o ‘l marmo scersi,

ove del tuo gran Tasso il fral si posa;

e questi, in rimirar l’urna famosa,

furo in urne di pianto occhi conversi.

 

E dissi : ahi ben ha troppo dolersi

meco l’Italia tutta, orba e dogliosa,

sepolto, e seco ogni sua luce ascosa,

il buon testor de gli onorati versi.

 

Sepolto ah no! Chè, quanto ammira e sente,

il suo nome gli è tomba, e ‘l crin gli onora

nel Parnaso del ciel fregio lucente.

 

Tu se colà n’andrai, Manso, talora,

pace eterna gli prega, e riverente

D’immortali amaranti il sasso infiora

Giovan Battista Marino

Poesie Nomche

 

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